L'Aquila Di Sabbia E Di Ghiaccio by Massimo Pietroselli

L'Aquila Di Sabbia E Di Ghiaccio by Massimo Pietroselli

autore:Massimo Pietroselli
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Storico, Avventura
ISBN: 978-88-04-59540-3
editore: Mondadori
pubblicato: 2010-08-17T16:00:00+00:00


CAPITOLO QUINTO

Avidio Cassio aveva compiuto i primi passi in politica al seguito del padre Eliodoro, quando questo era prefetto d’Egitto. Intelligente, osservatore, conoscitore dell’animo umano, aveva imparato presto a comprendere gli egiziani in generale e gli alessandrini in particolare: le loro peculiarità, gli interessi, le affinità e gli odi tra i diversi gruppi, caste, tribù.

Nel caso della rivolta dei Bucoloi, queste qualità erano molto utili. Il prefetto Calvisio Staziano, dopo una crisi di panico, si era affidato a lui senza nemmeno aspettare l’autorizzazione di Marco Aurelio (che però arrivò); e, dopo breve titubanza, Avidio interpretò Yimperium maius in senso ampio, in modo da superare la restrizione augustea sulla presenza di senatori in Egitto. Arrivato in città senza truppe, a parte la scorta e il seguito protocollare, si industriò subito a separare una fazione di rivoltosi dall’altra. Lavoro lento, paziente, in cui spese tutto il suo prestigio personale. Se, nella popina di Pànfago, Èrebo aveva detto a Geminus che i segnali erano incoraggianti”, dopo circa un mese la rivolta era sostanzialmente rientrata, benché Alessandria fosse ancora in stato d’assedio.

E questo perché il sacerdote Isidoro, l’esagitato fomentatore dei briganti del delta del Nilo, era inafferrabile. Pattuglie, spie e informatori non riuscivano a stanarlo. Gli erano rimasti fedeli i Bucoloi, e nonostante diverse sconfitte subite a opera dei legionari, il grosso dei ribelli sfuggiva ai rastrellamenti della controffensiva romana: la quale doveva essere cauta, come raccomandava Cassio, per evitare che la pace costruita con tenue filo di ragno si spezzasse al vento dell’orgoglio egiziano.

«Qualcuno lo aiuta» disse d’improvviso Geminus, seduto su alcune casse di libri presso il porto. Era la conclusione di giorni e giorni di infruttuosa e snervante caccia alla minima informazione utile nei quartieri di Alessandria.

Èrebo aggrottò le sopracciglia. Geminus sputò in acqua e spiegò: «Isidoro, intendo: qualcuno lo aiuta. Qualcuno che lo ammira o lo considera una guida spirituale… qui di matti ce ne sono a cesti, te ne sarai reso conto…». Èrebo, che ancora ricordava che quasi stava per perdere la pelle a causa di un gatto, annuì convinto. «… altrimenti non si spiega come questo maledetto pazzo riesca sempre a sfuggire appena prima che gli uomini di Avidio Cassio tirino su la rete.»

Era la stessa conclusione cui era arrivato Avidio Cassio, a mezzo miglio di distanza. Ma il governatore non aveva fretta: la scommessa era già vinta e il suo prestigio in crescita, e quanto alla cattura di Isidoro e della sua cricca, era solo questione di tempo.

Invece, di tempo Geminus non ne aveva. Bramava di tornare presto al freddo del Danubio, con una traccia sicura da seguire. E questa traccia passava per Isidoro.

Èrebo stava mangiando pane e formaggio. Rispose masticando: «Ma chi può avvertirlo? E soprattutto, come farebbe? Voglio dire… Isidoro è certo rintanato da qualche parte fuori dalle mura, ma chissà quanto lontano, chissà dove, chi potrebbe portargli le notizie di quel che sta maturando ad Alessandria fin nella sua tana, e in breve tempo?».

Geminus guardò il compagno, irritato per quelle domande che non facevano che rinfocolare le sue preoccupazioni.



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